PERCHÉ HO CORSO UNA MARATONA A 19 ANNI?
Trascrizione del video:
Bentrovati carissimi in un nuovo video di Italiano Automatico. Questo lunedì ho scelto di raccontarti una storia che ho raccontato in passato ma mai così nei dettagli. E come sapete, spesso una storia interessante è il modo migliore per imparare nuovi vocaboli in italiano, mantenere una lingua mentre si imparano cose nuove. Ho pensato di raccontarti nei dettagli la storia del perché e come ho corso una maratone a 19 anni e per fare questo devo tornare a quando avevo 16 anni nella mia lunga vita da non atleta.
Ero un finto magro io. Un finto magro, in Italia lo diciamo quando uno è una persona che tipo sembra magra ma non è magra, ero 66 Kg ed ero alto 187 cm. Ma diciamo che comunque avevo tipo una panzettina, non so come spiegarvelo, non so come spiegarvelo. Ma ero un finto magro ero un finto magro. Perché mangiavo comunque male, non mi allenavo. Quindi sì, ero così, ma non ero così. Comunque il fatto è che per tutta la mia vita fino a 16-17 anni ero uno tra gli ultimi nel famoso test di Cooper. Qui in Italia, per testare la tua abilità atletica, in educazione fisica a scuola, ti fanno fare un test che si chiama “Test di Cooper” e praticamente era 12 giri di un campo. Quello che mi ricordo era che dovevamo fare 12 giri di un campo che era vicino alla nostra scuola. Non ricordo esattamente quanti metri fosse ma niente. Dovevamo fare i giri di questo campo. Io mi ricordo che ogni anno che facevamo questo test morivo. Tipo era il mio momento peggiore dell’anno. Ho detto “no abbiamo il test di Cooper questo venerdì”. Quasi mi veniva da stare a casa perché morivo. Tipo ero tra gli ultimi 10 su 30, tra gli ultimi 5 su 30 o 40 quelli che eravamo a correre e tipo ero in parte ai miei amici fumatori quelli che fumavano tanto e le mie amiche che non si erano mosse da una volta nella vita. Io spesso ero lì tipo che ero “Dai che ce la faccio!” “No, non posso farmi.” Ero lì che pensavo: “No, non posso farmi superare da questo mio amico che fuma 20 sigarette al giorno” “No, no! Non posso!” “Ha i polmoni bruciati, io no!” Eppure ero meno allenato di lui e non so come, non so come era possibile però, ecco, magari mangiare 20 cioccolatini in un giorno non mi aiutava. Quello è vero. Insomma, mangiavo veramente male e arrivavo a questo test di Cooper che ero morto. Ero distrutto e lo finivo tra gli ultimi ed ero triste perché dicevo “Cavolo! Non è possibile che faccio così schifo.” Questa è una delle cose che mi ha portato a 16 anni a prendere in mano il mio primo libro, appunto per capire un po' più su me stesso come migliorare in vari ambiti, non solo mentalmente ma anche fisicamente, spiritualmente, con le ragazze, con tutto. E niente, infatti facevo schifo a correre. In sostanza questo è l’obiettivo del messaggio di questa parte della storia.
Quindi verso i 17 anni, 18 anni, avevo cominciato a correre un po’ perché anche giocavo a calcio e vedevo che avevo bisogno di correre di più e quindi avevo cominciato a correre un po' sul fiume vicino casa mia per allenare un po' il mio fiato e ho visto appunto che ero messo proprio male. Ero messo proprio male. Quindi ho cominciato a pensare, a leggere libri su motivazione e alcuni libri parlavano anche di correre, superare i propri limiti e ho sempre pensato “Com'è possibile che una persona possa correre 42 kilometri senza fermarsi?” “Io non riesco a camminare 5 kilometri senza fermarmi.” Sto parlando di quando avevo 15 anni, 14 anni, 16 anni e ho detto: "Cavolo, è una roba pazzesca!” E quindi è cominciata a nascere nella mia testa l'idea di dire “Cavolo!" "Sarà che un giorno potrei correre una maratona?” Solo che era così fuori dalla mia realtà che era un pensiero che era lì e poi dicevo “mah" e a 18 anni questo pensiero è diventato sempre più forte perché avevo letto anche il libro di uno che si chiamava Dean Karnazes che era un ultramaratoneta ovvero correva ultramaratone di 100 e più kilometri, 200 kilometri.
Puoi anche passare senza dire nulla se non ti dà fastidio essere in pigiama nei video. Guarda Bettina! Ragazzi, Bettina si è alzata perché è passata Isa e lei quando passa Isa è lì che guarda e dice: "Dov'è la mia padroncina?” Bettina? Oi Bettina! Niente, continuo. Mi ero dimenticato che c'era qua Bettina. Niente comunque.
Stavo dicendo…Dean Karnazes era un ultramaratoneta e cominciavo a pensare: "Cavolo, sto leggendo tutti questi libri.” "Sto iniziando a lavorare online.” "Creare video, imparare più lingue…devo superare questa barriera che ho in testa fisica” e ho detto: “Cavolo!" "Sarà che mi metto l'obiettivo di correre una maratona?” e mi ero messo l’obiettivo con un amico di dire "Dai, tra 6 mesi corriamo una maratona” e io a quel punto stavo correndo 3 kilometri, 4 kilometri, 6 massimo. Ho detto "vai, mi metto l’obiettivo" Barcellona, primavera del 2000, primavera del 2000, non mi ricordo più che anno era, 2014 forse. Sì, dev'essere stato l'anno 2014. Primavera del 2014. "Vai, corro una maratona” e me lo sono messo questo obiettivo nel 2013. Quindi non ero assolutamente preparato e me lo ero messo con un amico. Fatto sta che questo amico dopo mi ha anche abbandonato nell’obiettivo quindi, non dirò il nome di questo amico, ma mi ha abbandonato nell’obiettivo. Ha cambiato idea, non lo so, e io sono uno che quando si mette un obiettivo e lo dice agli altri non mollo, tipo è difficile che io molli. Deve succedere qualcosa di grave o io proprio cambiare l'idea di un valore per dire "no, non lo faccio più.” Quindi l'avevo detto alla mia famiglia. L'avevo detto ai miei amici. L'avevo annunciato su internet. Mi ero messo questo obiettivo e ho detto "Non m'importa se mi ha mollato il mio amico.” "Andrò da solo a Barcellona.” "È una maratona dove corrono 20.000 atleti e andrò là solo e corro, e non è un problema, vado da solo!” E quindi ho cominciato questo allenamento 3-4 volte a settimana correvo 5 KM, 10 KM, 15, 20, 10, 5, 10, 5, 5, 6, 3. Insomma, ho seguito un allenamento automatico che era stato fatto da un’app per essere pronto per la primavera 2014. E niente.
Perché è importante mettersi obiettivi così? È importante, e vi racconterò dopo com'è stata la maratona, ma è importante mettersi un obiettivo così perché tu hai delle barriere nel tuo cervello che tu ti sei creato legate a ciò che tu pensi di poter fare che sono tutte barriere che tu hai creato o altri per te hanno creato tipo la tua famiglia, i tuoi amici ti hanno detto che non puoi fare certe cose. Se tu capisci che questa barriera è una cosa che tu hai creato perché nulla mi vieta, Alberto, che fa schifo a correre ultimo nel test di Cooper per 10 anni di fila, nulla mi vieta di allenarmi a correre 1 KM, poi 2 KM, poi 3 KM, poi 4, poi 5, poi 6, poi 7, poi 8, fino ad arrivare a 42 KM. Non c'è nessun limite umano fisico che mi impedisce di correre senza fermarmi per 42 KM. Il limite è nella testa. Quando ho capito quello ho detto: "È importantissimo per me togliere questo limite nella mia testa” perché è un limite inventato e ogni volta che tu riesci a toglierti limiti di questo tipo capisci che questi limiti sono anche uguali nel lavoro. Sono uguali per imparare nuove lingue o imparare l'italiano nel tuo caso o uguali nel cercare una persona meravigliosa che sposi nella tua vita. Insomma, qualsiasi sia il limite è tutto nella tua testa. Quando ho capito questo, è diventata un'ossessione per me allenarmi per togliermi questo limite della corsa del mio non saper correre. Adesso odio correre. Non corro più adesso, mi alleno in un altro modo ma l'ho fatto proprio per togliermi questo limite. Okay? Quindi nell’allenamento che portava alla maratona mi faceva male tutto ovviamente. Mi facevo male al piede. Tutte cose che non esistevano questi problemi nella mia vita prima tipo correndo 3 KM. Tipo avere le mutande sbagliate se corri 15 KM o 20 KM ti taglia le gambe praticamente. Mi lasciava proprio i segni di sangue anche ai piedi. Ho dovuto cambiare scarpe. La maglietta, ho dovuto cambiare maglietta perché la mia maglietta, continuando a correre così nel tempo, dopo 15-20 KM ti fa proprio male. Ho dovuto mettere borotalco sotto le ascelle perché sfregare le ascelle e i peli anche ti faceva diventare tutto rosso e irritato. Insomma, problemi che non esistevano appaiono quando cerchi di superare i tuoi limiti fisici.
Niente, arriva il giorno della maratona che io non avevo mai corso 42 KM di fila perché negli allenamenti per una maratona non corri mai 43 KM se sei come me, all’inizio. Come fanno a farti allenare? Ti fanno fare 25 KM più il giorno dopo 12. Insomma, arrivi magari a fare 26 KM e poi 15 il giorno dopo per simulare la maratona ma sarebbe stato così faticoso per me fare una "maratona di allenamento” che poi avrei dovuto riposare per una settimana e non potevo, quindi simulavo in questo modo la lunghezza della maratona.
Quindi sono arrivato il giorno della maratona che io non sapevo se il mio fisico poteva arrivare a 43 KM senza fermarmi perché il mio obiettivo non era neanche arrivare correndo al massimo tutta la maratona. No, era arrivare alla fine senza fermarmi, senza mai fermarmi. Tipo, anche se è una corsia lentissima. Insomma, l'importante era mettere una gamba dopo l’altra per finire questi 43 KM sotto le tipo 6 ore che è un orario orribile. È tipo uno degli orari peggiori ma era finirla sotto le 6 ore. Chi corre maratone sa che un orario buono è 3 ore, 3 ore e mezzo. Quello è già un orario buono. ll mio no, era finire sotto le 6 ore. E niente, comincio a correre sapevo che potevo arrivare ai 20 KM senza fermarmi. È andato tutto bene fino ai 20 KM. Tutto bene fino ai 25 KM e ai 26 KM ho cominciato a sentire un dolore. Ogni volta che appoggiavo il piede sull’asfalto. "L'asfalto" è il terreno della strada. Ogni volta che appoggiavo il piede sull’asfalto sentivo un dolore incredibile al ginocchio e non quei dolori che dici "Ok, no. Mi spacco il ginocchio se continuo.” Proprio il dolore fisico. Perché comunque mi ero allenato quei 6 mesi. Non è come uno che dal divano passa a una maratona in un giorno, no. In quei 6 mesi mi ero allenato 4 volte a settimana quindi ce l'avevo il fisico però proprio il dolore fisico del ginocchio di fare una cosa che non ha mai fatto lo sentivo, lo sentivo tantissimo. E niente, però ecco c'era quella mia cosa nella mia testa che mi diceva "no, non fermarti perché questo significherà per la tua vita qualcosa che va al di là della maratona.” Raggiungerai una fiducia in te stesso che chi non fa cose di questo tipo ha difficoltà a capire. Quando tu riesci a superare i tuoi limiti in questo modo praticamente cominci a creare una corazza, uno scudo in te come persona che ti protegge nei momenti in cui tu stai inseguendo un sogno. Ti protegge contro ai pareri e le opinioni negative degli altri. Le critiche che puoi ricevere essendo esposto online essendo sensibile, io sono una persona molto sensibile. Lo sono sempre stata e non voglio eliminare la mia sensibilità. Voglio tenere la mia sensibilità che mi aiuta ad essere un buon amico, una buona persona con cui lavorare, un buon marito e spero in futuro un buon padre. Quindi voglio tenere questa sensibilità. Un buon nipote. Ma avendo anche una corazza di fiducia in me stesso che sia pronta quando mi arrivano attacchi da amici, familiari o sconosciuti che vanno contro i miei sogni, come mi è successo in vari momenti della mia vita. Quando ho dovuto fare una scelta che era contro tutto ciò che mi dicevano gli altri e che non aveva senso in quel momento.
Come vi dico spesso, la mia idea era cambiare il mondo delle lingue fuori dall’università. Online. E quando è iniziato nel 2011-2012 il mondo online era visto ancora come un hobby, un gioco cioè non era una cosa di dire: "Puoi fare una carriera vera online.” No, lo fai così, per divertimento e poi vai all’università. Invece io credevo molto nel fatto che se io studiavo bene fuori dall’università e imparavo, perché amavo studiare, e poi portavo queste conoscenze qui, su internet, ho sempre pensato: "Che cosa cambia insegnare dal vivo cioè in persona, in università o qui?” Nulla! Cioè nel senso siamo sempre una persona che parla e una persona che ascolta tu dall'altro lato. Insomma, quindi credevo molto in questo potenziale e correre la maratona mi ha dato proprio questa fiducia in più anche nell'ambito lavorativo e in tante altre cose del credere in me stesso.
Quindi ero arrivato al KM 26 proprio che c'era questa barriera nella mia testa. Ogni passo era una sfida però vado avanti, un passo alla volta, un passo alla volta. Ho anche fatto vedere dei video in passato appunto di queste “scene" dov'ero lì io, tutto sudato con la maglietta che era appiccicata su di me talmente il sudore, il sole. Avevo iniziato la maratona con un cappello. Ho finito la maratona senza il cappello perché tipo dopo alcuni kilometri c'è stato un colpo di vento e il cappello è volato indietro. Mi son girato a guardare e ho detto "No, io non torno indietro a prendere il cappello.” Ho fatto così: "Ciao cappello, è stato un piacere averti nella mia vita.” "Non perderò questi 10 metri per riprenderti.” Fortunatamente era un cappello non di marca. Sarà costato non so quanto, 10 euro. Non so nemmeno come l'avevo avuto quel cappello ma non m'importava il cappello in quel momento. E quindi sono andato avanti. Sono andato avanti, sono arrivato tipo quasi alla fine. Pensavo di essere quasi alla fine e vedevo le persone in giro perché correvi e vedevi le persone sui giardini, cioè diciamo nei parchi di Barcellona, i turisti che camminavano e io pensavo "Quanto sarebbe bello essere un turista sdraiato lì nel parco con la mia ragazza.” Non avevo una ragazza, ma con la mia ragazza immaginaria "a mangiare qualcosa di fresco, prendere il sole, all’ombra", quindi pensavo a queste cose, mi guardavo in giro e ho detto "perché mi sono fatto questo a me stesso?” Lo so. So perché ma perché? "Perché Alberto sei così?” "Non puoi fare come gli altri e dire questa è una pazzia e quindi non ha senso?” No, per me è importante farlo quindi sono andato avanti, andato avanti, andato avanti. Pensavo di essere quasi alla fine perché c'erano le cose, sapete quelle cose alla fine di una corsa? Tipo che passano sopra di te e dici: "Cavolo, ci siamo!” "Questo è il traguardo!” "Sto arrivando alla fine” e non era la fine ma io pensavo fosse la fine, quindi mi sono messo a correre più veloce ero lì "dai, dai che ci siamo” davo tutto me stesso, tutte le mie energie e ho scoperto poi che mancavano ancora tipo 3 KM, e ho detto "No, no!" quindi ho rallentato e verso la fine ogni 5 KM loro danno delle noci, acqua, Gatorade da bere per tirarti su. Verso la fine c'era una cosa che hanno dato in una bustina che io pensavo fosse tipo acqua, o qualcosa all'arancia buono e invece era tipo un gel che tu butti giù per… se non sbaglio, un carboidrato veloce. Un qualcosa per darti energia finale che però per usarla dovresti avere anche dell’acqua o Gatorade perché se no rimane tutto in bocca specialmente dopo che hai corso 40 KM perché non hai più saliva, non avevo più saliva io. Ero lì proprio sfinito e quindi io lo prendo e lo metto in bocca e sento…ho detto "No! No!” "Non ho preso il Gatorade e l'acqua." "Ho preso solo sta roba, l'ho sparata in bocca.” L'ho lanciato via perché lì puoi lanciare le cose per terra ovviamente, perché ci sono le persone che poi puliscono. L'ho lanciato, però mi è rimasto in bocca tutto questo gel. Quindi mancavano 3 KM. Avevo le ginocchia distrutte. C'era il sole di Barcellona che comunque era già primavera, faceva caldo e io avevo in bocca questa cosa e ho detto "non posso mollare adesso” dopo tutto quello che ho fatto dopo tutta la mia vita che sono stato insicuro comunque come persona questa è una cosa troppo importante per me per abbandonare ora. Quindi niente, me lo tiro via dalla bocca. Lascio quello che c'è in bocca, rimane lì. Continuo, gli ultimi 2 KM poi arriva davvero il traguardo e faccio tipo uno sprint. Pensavo di fare uno sprint, uno scatto di corsa. In realtà ho guardato il video dopo e non era uno sprint. Era tipo una camminata veloce, ma che per me in quel momento sembrava uno scatto, perché ero morto, ma comunque l'intenzione era di dare quel colpo finale negli ultimi 100 metri per finire e celebrare. E niente.
La storia continua con il fatto che avrei dovuto vedere mia mamma all’arrivo, perché alla fine in quel viaggio mi ha accompagnato mia zia, mia cugina e mia mamma, dato che il mio amico mi aveva abbandonato in quella sfida. Quindi ci dovevano essere loro al traguardo. Mia mamma ha avuto il mal di testa quella mattina quindi non c'era nessuno al traguardo. C'era un amico che ha organizzato la maratona. Un'agenzia, quindi c'era lui ma non c'era la mia famiglia, no? Che io aspettavo di vedere la mia famiglia per aiutarmi a tornare in hotel e non c’erano. Mia mamma mi aveva scritto un messaggio sul telefono. Mia zia ha scritto: "La mamma ha il mal di testa, non riusciamo a venire” e io avevo il telefono in mano da inizio maratona. Tutta la maratona avevo il telefono così in mano perché non ero un esperto quindi non avevo trovato qualcosa da mettere sul braccio così perché a correre tanto mi dava fastidio tutto. Quindi ho tenuto in mano il telefono, l’iPhone non so più che numero, 5 forse per 43 KM. Quindi sono arrivato alla fine che ho fatto così tipo sapete quando tenete la mano chiusa per 40 KM correndo? No, non lo sapete, io lo so. Ho fatto così per aprire la mano e mi faceva male la mano. L'iPhone aveva il 5% di batteria e avevo solo 20 euro che avevo messo in un taschino dei pantaloncini da corsa di emergenza per tornare eventualmente in hotel quindi avevo l'iPhone scarico, 20 euro nelle mutande e avevo appena corso 43 KM quindi sono andato così per arrivare tipo alla strada principale chiamare un taxi e mi sono lanciato nel taxi perché non potevo piegare le gambe e gli ho detto: "Mi porti all’hotel?" Non sapevo nemmeno il nome dell’hotel ma mi ricordavo metà nome e lui mi fa "Ok. Sì, sì.” e gli ho detto: “Por favor, quiero ir en este hotel“ e lui mi fa “¡Está bien, vamonos, vamonos!“ e io gli ho detto "¡Bueno, gracias!” e niente, andiamo. Arrivo in hotel davanti. Non riesco a scendere dal taxi ma mi butto giù dal taxi. Lo pago e niente, questa è un po' la storia generale della corsa.
Tre lezioni che ho imparato dalla maratona (la storia di alessio):